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Serena Sensini
Serena Sensini

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La fine di localhost

Sentito parlare di Codespaces?

Se sì, allora probabilmente la fine di un’era si avvicina: entro dieci anni “localhost” non sarà più utilizzato, e il codice verrà presto sviluppato su piattaforme diverse dal nostro PC.

Se sei una persona che sviluppa, allora (quasi) sicuramente conoscerai Shawn @swyx Wang: scrittore, DevAdv e speaker, è conosciuto per avere delle idee molto “forti” sull’impatto e il futuro della tecnologia.

In uno dei suoi articoli, parla di come localhost stia vivendo i suoi ultimi momenti di gloria, per poi cedere il passo a nuovi strumenti.

localhost è quel termine che appartiene alle reti di calcolatori per indicare la macchina di un utente e, in questo senso, si riferisce a una persona che sviluppa che memorizza avendo i file sul proprio dispositivo.

Per impostazione predefinita, la maggior parte di chi sviluppa salva il proprio lavoro sul proprio PC locale e quindi lo carica nell’ambiente di sviluppo dell’applicazione.

In effetti, è così che funziona Git, poiché fornisce a chi progetta una copia locale della cronologia completa del proprio lavoro e quindi sincronizza le modifiche in un repository (che spesso si trova nel cloud).

Tuttavia, come ha sottolineato Wang a giugno 2022, aziende tecnologiche come GitHub, Etsye Shopify hanno spostato tutti o la maggior parte dei loro ambienti di sviluppo nel cloud.

There’s a very real possibility local dev may be dead in 10 years.

This would be the biggest shift in dev workflow since git.

— swyx ➡️ 🐘 (@swyx) June 6, 2022

Ma, attenzione : avere a disposizione strumenti come Codespaces non è sufficiente: esistono comunque fattori come la latenza degli ambienti, la gestione della privacy e della sicurezza, una connessione ad alta velocità non sempre ben distribuita da tenere in considerazione.

Perché nasce questa esigenza?

Le persone vogliono iniziare a lavorare con macchine su cloud non solo per avere una maggiore potenza di calcolo , ma perché spesso ne hanno bisogno: soprattutto se lavorano con qualcosa di più complesso, come nel caso in cui si voglia sfruttare Stable Diffusion o gestire un cluster Kubernetes di sviluppo, per esempio.

Il reale problema è che gli ambiente di sviluppo on-cloud non sono ancora pienamente accettati da chi sviluppa: Wang suggerisce per esempio l’adozione di Gitpod, che abilita ciò che l’azienda chiama “ambienti di sviluppo basati su cloud effimeri”, o anche Replit, una piattaforma di codifica online destinata ai giovani che imparano a programmare o, in altre parole, un “IDE nel browser per codificare in oltre 50 linguaggi, senza spendere un secondo per l’installazione”.

Nonostante la promessa di un ambiente di sviluppo completamente online, il tweet di Wang a giugno ha ricevuto molti feedback negativi dagli utenti. In effetti, lui stesso preferisce ancora lo sviluppo @_localhost_ per alcune parti del suo flusso di lavoro.

As someone who likes going into the mountains to work with no internet connection intentionally, I plan on making it possible to develop my stuff completely offline for the foreseeable future. I'm not interested in your cloud-based development world. https://t.co/kMp3rSClNG

— Kent C. Dodds 🌌 (@kentcdodds) July 25, 2022

Controversial take inbound

Every year for the past 5 or 6 years has been the "Year of the Remote Dev Environment". I think it is going to have the same fate as The Year of VR

I remember the heated arguments inside Red Hat 5 or 6 years ago claiming we had to jump on it quick https://t.co/x4NBCSox9t

— (((TheSteve0))) @TheSteve0@data-folks.masto.host (@TheSteve0) September 8, 2022

Se Wang ha capito qualcosa, significa che c’è una grande opportunità di mercato per gli strumenti di sviluppo basati su cloud. Aziende come Gitpod e Replit stanno già facendo un lavoro innovativo in quest’area, ma di alternative iniziano ad essercene veramente tante: oltre a Codespaces, vedi anche Brev, Coherence e Railway.

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